L’insufficienza mitralica può anche essere provocata da meccanismi diversi, che interessano il muscolo cardiaco, pur in presenza di lembi valvolari e corde tendinee normali.
Esistono fondamentalmente due malattie che possono produrre una insufficienza mitralica per alterazione del muscolo cardiaco: la cardiomiopatia dilatativa e l’ischemia cardiaca.
La cardiomiopatia dilatativa può essere dovuta a cause diverse. Alcune di queste sono note, come nel caso di un danno al muscolo cardiaco provocato da una infiammazione acuta (miocardite) da cause varie, come il virus dell'influenza oppure l'abuso di alcool, o dall'ipertensione arteriosa non trattata adeguatamente per anni. In altri casi, la causa non è identificabile. Per alcuni di questi si sospetta una alterazione genetica (quando si sono osservati più casi nella stessa famiglia), ma per un certo numero si parla tuttora di cardiomiopatia dilatativa idiopatica (a causa sconosciuta).
Aspetto comune a tutte queste situazioni è la dilatazione del ventricolo sinistro, spesso con parete assottigliata e con una riduzione significativa della sua capacità contrattile (figura 1).
La dilatazione della cavità ventricolare provoca una dilatazione anche dell’anulus mitralico ad essa ancorato. I due lembi della valvola, pertanto, si allontanano fra di loro, non chiudendo più completamente l’orifizio della valvola, quando il ventricolo si contrae per pompare il sangue nell’aorta. Questo provoca un rigurgito di sangue all’indietro, verso l’atrio sinistro.
Di conseguenza, è facile comprendere che la tecnica chirurgica, in questi casi, deve rivolgersi alla correzione del meccanismo che determina l’insufficienza mitralica: la dilatazione dell’anulus valvolare.
Si effettua, in questi pazienti, una anuloplastica che, in genere, prevede l’utilizzo di un anello protesico completo, per stabilizzare definitivamente il diametro dell’anulus valvolare.
Essendo in presenza di lembi valvolari di dimensioni normali, ma di un anulus di impianto abnormemente dilatato, si dovrà utilizzare un anello protesico di dimensioni molto più piccole (undersizing) rispetto a quello che si utilizzerebbe in caso di malattia degenerativa con abbondanza di tessuto valvolare.
Nel caso di insufficienza mitralica secondaria a ischemia cardiaca ci sono due situazioni differenti. La prima è rappresentata dall’ischemia cronica diffusa di tutto il cuore, che produce, nel tempo, un quadro simile alla cardiomiopatia dilatativa appena descritta (figura 2) e come essa andrà trattata chirurgicamente con una anuloplastica sottodimensionata.
Nel secondo caso l’insufficienza mitralica è l’esito di un infarto miocardico acuto, che ha coinvolto la zona di ventricolo sinistro da cui traggono origine i muscoli papillari (figura 3).
Questo determina un particolare meccanismo (discinesia) in base al quale, quando il ventricolo si contrae, la zona infartuata, anziché avvicinarsi assieme al resto della parete alla valvola mitrale, se ne allontana (figura 4).
I muscoli papillari, quindi, si allontanano dalla valvola ritraendo con loro le corde tendinee, che vi originano, e i lembi da esse sostenuti. Questo fenomeno si chiama tethering (limitazione nel movimento). Il risultato (figura 5) è che parte dei lembi (più spesso quella postero-mediale) resta retratta in basso, ad effetto tenda (tenting) e non va più a contatto con il rimanente dei lembi, creando una zona di insufficienza valvolare tanto più severa quanto più profondo è diventato il punto di contato dei lembi (coaptation depth).
La correzione di questa malfunzione della valvola mitrale consiste nell’effettuare una anuloplastica sottodimensionata, come descritto sopra, associata, nei casi più severi di sprofondamento del punto di contatto, ad un intervento a livello dei muscoli papillari. Questo, chiamato in inglese papillary sling, consiste nel riavvicinare, mediante l’applicazione di una piccola protesi suturata ad anello attorno alle loro basi, i due muscoli papillari, in modo da riavvicinare il loro punto di contatto (figura 6 a-b-c-d).